Mentre Mark Zuckerberg continua a credere nel Metaverso, il mercato della realtà virtuale (VR) stenta a decollare per davvero. Tuttavia, questa tecnologia ha possibili applicazioni nel turismo. Almeno, questo è quanto emerge da uno studio globale condotto da Booking: ossia un sondaggio che ha intervistato 24.179 persone in 32 paesi.
Tra le principali conclusioni, si è capito che il 43% delle persone intervistate vorrebbe prenotare la prossima vacanza a seguito di una visita effettuata in VR, così da avere la possibilità di verificare le loro destinazioni di viaggio proprio grazie a questo tipo di tecnologia.
Alcuni si spingono oltre: infatti, il 35% degli intervistati ritiene che un'esperienza simulata di più giorni possa semplicemente sostituire una vera vacanza senza dover viaggiare affatto. Ma questa opzione non è di globale gradimento; il 60% degli intervistati infatti afferma che sarebbe ben lontana da una vera vacanza turistica.
Il report ha anche rilevato che il 46% degli intervistati ritiene che le destinazioni a cui non avevano pensato all'inizio potrebbero attrarli come risultato dell'utilizzo della realtà virtuale. Il tempo lo dirà, ma man mano che il mercato della realtà virtuale cresce, potrebbe avere un impatto reale sull'industria del turismo.
L'influenza delle piattaforme di streaming sul turismo è innegabile
In ogni caso, abbiamo già visto in passato che le evoluzioni tecnologiche incidono necessariamente sulle scelte di vacanza: come ad esempio avviene attraverso le piattaforme di streaming. L'anno scorso, Netflix ha condotto un proprio studio intervistando i suoi abbonati in Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Brasile e Francia riguardo alle produzioni ambientate in Sud Africa: il documentario My Octopus Teacher e la serie Blood & Water.
I risultati sono stati assolutamente chiari, poiché gli utenti che hanno visto questi due prodotti hanno una probabilità 3,1 volte maggiore di visitare il paese rispetto a quelli che non l'hanno fatto. Allo stesso modo, sono 5,6 volte più motivati rispetto agli altri abbonati ad imparare l'afrikaans, una delle 11 lingue ufficiali del Sudafrica.
Spiegando questi risultati, Shola Sanni, direttore delle politiche pubbliche di Netflix per l'Africa sub-sahariana, disse all'epoca: “Si sono visti riflessi in queste storie. Un telespettatore americano ha affermato di percepire come le persone in Sud Africa avessero le stesse aspirazioni ed esperienze di vita di quelle del suo paese”.